









Riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti
Il testo presentato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio 2024 sulla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti avrebbe dovuto finalmente dare concretezza a una svolta importante per oltre 10 milioni di persone: i 3 milioni e 800.000 mila anziani non autosufficienti che vivono nel nostro Paese, i loro familiari e i caregiver. Tra queste sono numerose le persone con demenza e le loro famiglie.
Il decreto pur contenendo aspetti positivi, ridisegna quelli che erano dei cardini della legge delega e rimanda la messa in pratica di altri a successive disposizioni.
Non c’è ,ad esempio, rimasta traccia della prevista riforma dell’assistenza domiciliare non tenendo conto che per la maggior parte delle persone con demenza è di grande aiuto poter continuare a vivere a casa propria il più a lungo possibile, in un ambiente conosciuto e in mezzo ai volti dei familiari.
Non c’è ,ad esempio, rimasta traccia della prevista riforma dell’assistenza domiciliare non tenendo conto che per la maggior parte delle persone con demenza è di grande aiuto poter continuare a vivere a casa propria il più a lungo possibile, in un ambiente conosciuto e in mezzo ai volti dei familiari.
Il decreto attuativo inoltre non prevede un progetto che risponda in maniera completa, integrata e costante a tutte le esigenze che l’assistenza domiciliare a un anziano non autosufficiente, magari con demenza, comporta.
Viene introdotto il coordinamento tra gli interventi sociali e sanitari erogati dagli attuali servizi domiciliari, ma non sono affrontati altri aspetti decisivi quali la durata dell’assistenza fornita, le tipologie di professionisti da coinvolgere, l’offerta di servizi di informazione, consulenza e sostegno psicologico per i familiari.
Sono stati annunciati 400 milioni in più per l’ Assistenza domiciliare integrata (Adi), ma si tratta di fondi temporanei e non strutturali e che non incidono concretamente sul modello esistente.
Il decreto prevede inoltre la sperimentazione della prestazione universale che in però non rispecchia le effettive caratteristiche di questo contributo economico. Degli 850 euro che ogni mese si aggiungeranno ai 531 euro dell’indennità di accompagnamento, infatti, beneficeranno solo gli over 80 con elevato bisogno assistenziale e ridotte disponibilità economiche, ovvero un Isee inferiore ai 6 mila euro: meno di 30.000 persone nel 2025 e neanche 20.000 nel 2026.
Questa sperimentazione non cancella inoltre un’altra grave mancanza del decreto: la scomparsa della riforma dell’indennità di accompagnamento. Si tratta della misura di supporto più diffusa e allo stesso tempo meno efficace per la non autosufficienza.
Questo perché, ad esempio, la demenza è una condizione in continua crescita che comporta difficoltà di varia natura ma che non sempre e non subito intacca la capacità di muoversi e camminare: eppure per poter ottenere l’indennità le persone con demenza devono dimostrare di avere gravi difficoltà di deambulazione