Il Rapporto completo , il Manifesto e le iniziative a difesa del SSN sono disponibili su www.cittadinanzattiva.it
Terminata l’emergenza pandemica, i cittadini si trovano a fare i conti più di prima con le conseguenze di scelte improvvide che durano da decenni: lunghissime liste di attesa, pronto soccorso allo stremo, medici di medicina generale assenti in molte aree non per nulla definite “deserti sanitari”. Il ricorso alla spesa privata aumenta ed è incompatibile con un sistema universalistico, oltre a essere possibile solo se le condizioni economiche dei singoli lo permettono. Per molte cittadine e molti cittadini l’attesa si è trasformata in rinuncia.
Sono le tante urgenze sanità che Cittadinanzattiva fotografa nel Rapporto civico sulla salute , presentato a Roma presso il Ministero della Salute. Il Rapporto viene diffuso all’interno di una giornata più generale dal titolo appunto “Urgenza sanità”, un primo momento pubblico della mobilitazione permanente promossa da Cittadinanzattiva a difesa del Servizio Sanitario Nazionale.
Accanto ai mai risolti problemi generali di liste di attesa e accesso alle prestazioni (che raccolgono quasi una segnalazione su tre, 29.6%), i cittadini denunciano carenze in tutti e tre gli ambiti dell’assistenza sanitaria qui di seguito riportati.
URGENZA LISTE DI ATTESA E RINUNCIA ALLE CURE
Due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento per tumore all’utero che andava effettuato entro un mese, due mesi per una visita specialistica ginecologica urgente da fissare entro 72 ore, sempre due mesi per una visita di controllo cardiologica da effettuare entro 10 giorni. Sono alcuni esempi di tempi di attesa segnalati dai cittadini che lamentano anche disfunzioni nei servizi di accesso e prenotazione, ad esempio determinati dal mancato rispetto dei codici di priorità, difficoltà a contattare il Cup, impossibilità a prenotare per liste d’attesa bloccate.
Tempi di attesa per prime visite specialistiche
Per le visite che hanno una Classe B-breve (da svolgersi entro 10 giorni) i cittadini che ci hanno contattato hanno atteso anche 60 giorni per la prima visita cardiologica, endocrinologica, oncologica e pneumologica. Senza codice di priorità, si arrivano ad aspettare 360 giorni per una visita endocrinologica e 300 per una cardiologica.
Tempi di attesa per visite specialistiche di controllo
Una visita specialistica ginecologica con priorità U (urgente, da effettuare entro 72 ore) è stata fissata dopo 60 giorni dalla richiesta. Per una visita di controllo cardiologica, endocrinologica, fisiatrica con priorità B (da fissare entro 10 giorni) i cittadini di giorni ne hanno aspettati 60. Per una visita ortopedica, sempre con classe d’urgenza B ci sono voluti addirittura 90 giorni. Una visita endocrinologica senza classe di priorità è stata fissata dopo 455 giorni, dopo 360 giorni una visita neurologica.
Tempi di attesa per prestazioni diagnostiche
Sono stati segnalati 150 giorni per una mammografia, con classe di categoria B breve (da svolgersi entro 10 giorni), e 730 giorni sempre per una mammografia ma con classe di categoria P (programmabile), 365 giorni per una gastroscopia con biopsia in caso di classe non determinata.
Tempi di attesa per interventi chirurgici
Per un intervento per tumore dell’utero che doveva essere effettuato entro 30 giorni (Classe A), la paziente ha atteso 90 giorni, 3 volte tanto rispetto ai tempi previsti. Per un intervento di protesi d’anca, da effettuarsi entro 60 giorni (classe di priorità B), c’è stata un’attesa di 120 giorni, il doppio rispetto al tempo massimo previsto.
La quasi totalità delle Regioni non ha recuperato le prestazioni in ritardo a causa della pandemia, e non tutte hanno utilizzato il fondo di 500 milioni stanziati nel 2022 per il recupero delle liste d’attesa. Non è stato utilizzato circa il 33%, per un totale di 165 milioni.
URGENZA PRONTO SOCCORSO
Le segnalazioni più ricorrenti riguardano: eccessiva attesa per effettuare o completare il triage (18,9%) pronto soccorso affollato (15,4%), carente informazione al paziente o al familiare (9,8%), mancanza di posti letto in reparto per il ricovero (9,2%), mancanza del personale medico (8,7%), pazienti in sedia a rotelle o in barella lungo i corridoi per ore/giorni (7,5%). Negli ultimi 10 anni vi è stata una riduzione costante e cospicua delle strutture di emergenza:
si conta una riduzione sul territorio nazionale di 61 dipartimenti di emergenza, 103 pronto soccorso, 10 pronto soccorso pediatrici e 35 centri di rianimazione.
Per quanto riguarda le strutture mobili negli ultimi 10 anni abbiamo c'è stata una riduzione di 480 ambulanze di tipo B, un incremento di sole 4 ambulanze di tipo A (ma nel 2019 il decremento rispetto al 2010 era di 34 unità), un decremento di 19 ambulanze pediatriche e di 85 unità mobili di rianimazione.
Anche rispetto alla tempestività dell'arrivo dei mezzi di soccorso, la situazione è peggiorata significativamente e in modo preoccupante; è il caso della Calabria in cui il mezzo di soccorso arriva mediamente in 27 minuti, Basilicata 29 minuti e Sardegna 30 minuti, quando la media nazionale è di circa 20 minuti.
URGENZA PERSONALE SANITARIO
Oltre il 46% afferma di essere soddisfatto del proprio percorso professionale, ma non altrettanto del proprio ambiente di lavoro che stimola poco o niente la realizzazione personale (per il 42,6%) e la crescita professionale (48,5%)
Oltre il 40% dichiara di avere carichi di lavoro insostenibili e uno su tre non riesce affatto a bilanciare i tempi lavorativi con quelli della vita privata. Il 31,6% denuncia di essere stato vittima, negli ultimi tre anni, di aggressione (verbale o fisica) da parte degli utenti, il 20,7% da parte di un proprio superiore e il 18,4% da parte di colleghi. E l’assenza nel posto di lavoro di un punto di ascolto psicologico è lamentata in particolare dal 65,9% degli intervistati.
URGENZA ASSISTENZA TERRITORIALE
Assistenza domiciliare integrata
Particolarmente difficoltosa la fase di attivazione dell’assistenza domiciliare, come denuncia quasi il 34% dei cittadini che si rivolge a Cittadinanzattiva. Il 21% ritiene insufficiente il numero di giorni/ ore di assistenza erogati insufficienti, il 17% inadeguata la gestione del dolore (17,4%), l’8% carente l’assistenza psicologica.
Consultori familiari
Istituiti nel 1975, l’attuale Decreto di riforma dell’assistenza territoriale ne prospetta un rilancio prevedendone 1 ogni 20.000 abitanti con possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali. La situazione attuale è molto diversificata nei territori. In Italia ci sono 2.227 consultori attivi a fronte di uno standard minimo di 2.949: rispetto alla popolazione, il rapporto medio è di 1 ogni 35 mila.
Mentale
Su cento segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva in tema di assistenza territoriale, il 27,8% di esse fa esplicito riferimento alla salute mentale, in forte aumento rispetto al dato del 2021 pari al 12,8%. Le segnalazioni più frequenti nell'ambito della salute mentale raccontano le grandi difficoltà che gravano sui pazienti e sule loro famiglie, se non proprio la disperazione per la gestione di una situazione ormai diventata insostenibile a livello familiare (lo denuncia quasi il 28%), la carenza di figure sanitarie sul territorio (17%), la scarsa qualità dell’assistenza (14,4%), la mancanza o carenza di strutture e centri pubblici (10,8) lo strazio legato alle procedure di attivazione del trattamento sanitario obbligatorio (9%), gli effetti delle cure farmacologiche (8,1%), la difficoltà di accesso alle cure pubbliche (4,5%).